La paura è un’emozione primaria dominata dall’istinto che consente ad ogni essere vivente di sopravvivere ad un pericolo percepito, quindi non è di per sé una malattia; è un allarme naturale, che avverte l’individuo e lo attiva in modo che eviti la minaccia.

Se i nostri progenitori del Neolitico non avessero avuto paura delle inondazioni e delle bestie feroci, non avrebbero costruito delle palafitte che hanno consentito la sopravvivenza loro e della specie.
Ed anche oggi se non percepissimo paura, non ci metteremmo in salvo dal sopraggiungere di una macchina mentre attraversiamo le strisce pedonali.
Nella nostra mente quindi si attiva una paura che permette all’individuo di mettere in atto strategie difensive efficaci di uscita dalla minaccia. Essa fu definita da Freud come angoscia segnale, distinta da quella automatica.
Quest’ultima non funziona più come segnale, ma invade la mente paralizzando chi la esperisce.
Quando quindi la paura perde la sua funzione primaria di autoprotezione, e diventa troppo intensa, sproporzionata e non correlabile ad una causa, blocca e crea seri problemi alla persona durante la sua quotidianità.
Questo è il caso degli attacchi di panico. In essi il paziente è angosciato quando non dovrebbe esserlo.

Questo perché? Quali sono le cause degli attacchi di panico?

 

Nell’attacco di panico i contenuti della paura non sono collegati ad eventi reali percepiti, ma sono immaginati, fantasticati e di natura catastrofica: il paziente dapprima sente che qualcosa non va, l’ansia cresce, aumentano i sintomi fisici (palpitazioni, senso di vertigine, tremori corporei, sudorazione profusa, sensazione di soffocamento, diarrea e vomito) ed inizia a credere di essere sul punto di morire, di avere un attacco cardiaco, di svenire, di impazzire e di perdere il controllo.
La persona è così convinta dell’imminenza della propria morte da non riuscire a rassicurarsi ( per esempio “sono in ansia per l’esame”, “ho mal di pancia per il colloquio”), ma esperisce una sensazione tragica senza possibilità di confinamento e contenimento (il pensiero è “non sono in ansia, sto morendo!”).
La mente, non riuscendo più ad arginare tale angoscia, la riversa sul corpo, inducendo ed alimentando così i sintomi neurovegetativi, che rafforzano ancora di più la veridicità del proprio terrore e ne sollecitano la ripetitività.
Le crisi di panico infatti si ripetono e nemmeno l’esperienza positiva di sopravvivenza riesce a interrompe il ciclo in quanto la sequenza ideativa che concorre a scatenare l’attacco di panico viene creata nell’immaginazione del paziente.

È necessario pertanto che chi soffre di attacchi di panico si rivolga ad uno psicoterapeuta per iniziare un percorso terapeutico che lo aiuti a ridurre la sintomatologia e capirne le origini.

Se soffri di attacchi di panico e vuoi avere il parere di uno specialista, puoi fissare un primo appuntamento telefonando al numero 039.9416276 o scrivendo una mail a info@centropsicologiamonza.it.

 

Riferimenti bibliografici
“Attacco di panico tra neuroscienze e psicoanalisi” di Franco De Masi in “Omosessualità, perversione e attacco di panico” a cura di L. Bergamaschi

 

Dott.ssa C. Ricci Mingani
Area Ansia e Depressione