Per poter comprendere il processo adolescenziale, e in particolare i comportamenti segnali di disagio, è necessario far riferimento a un modello esplicativo capace di prendere in considerazione più fattori e la loro interazione dinamica: la dotazione genetica, il proprio mondo intrapsichico fatto dalle storie di ciascuno, e la realtà esterna, come ambiente capace di sostenere lo sviluppo o intralciarlo.
La società attuale è caratterizzata da ampie e rapide trasformazioni che comportano disorientamento, senso di impotenza, indefinitezza. L’adolescente si incontra/scontra con un adulto anch’esso coinvolto nella stessa incertezza identitaria.
Gli agiti autolesivi sono comportamenti che spesso costituiscono l’unico modo che l’adolescente trova per esprimere il proprio disagio e malessere, caratterizzati dal prevalere dell’agito sul pensato, e, contemporaneamente per mobilitare l’ambiente nella speranza che qualcosa cambi.
Nella pubertà l’adolescente si trova di fronte ad un corpo che cresce, si trasforma, diventa più alto, più robusto, più esile, più forte, un corpo erotico, tanto che si trova costretto a cambiare.
Il corpo nella pubertà diventa quindi il protagonista centrale (e che non sempre corrisponde a ciò che si vorrebbe), in quanto trasformandosi impone all’adolescente un poderoso lavoro psichico connesso alla strutturazione della propria identità e alla rielaborazione del legame con gli altri, con i genitori e con i pari.
Il cambiamento corporeo determina quindi una trasformazione intrapsichica globale, ossia un processo lungo e complesso durante il quale si modifica e si riorganizza l’intero funzionamento mentale.
Individuarsi vuol dire diventare consapevoli di sé stessi, delle proprie possibilità e dei propri limiti. E’ un processo lungo e complesso che porta con sé tanti interrogativi relativi al chi sono, dove andrò, cosa farò .. e una costante oscillazione tra momenti di euforia e entusiasmo e momenti di incertezza, insicurezza.
Il corpo è anche ciò attraverso il quale comunichiamo con gli altri, ciò che gli altri vedono.
La maggior parte dei ragazzi riesce ad attraversare il processo adolescenziale con sufficiente serenità e fiducia nonostante i fisiologici alti e bassi in modo costruttivo, trasformando le potenzialità in risorse personali.
A volte invece arrivano alla pubertà con una strumentazione interna insufficiente e agiscono comportamenti distruttivi dove è proprio quel corpo che ha introdotto il cambiamento ad essere attaccato, aggredito, con diverse modalità quali disturbi del comportamento alimentare, abuso di alcol e droghe, scarificazioni, ripetuti incidenti, unico modo di gestire tensioni intollerabili, che sono potenzialmente patogeni in quanto nel tempo possono strutturarsi bloccando il processo di sviluppo, costituirsi come base identitaria, perdendo la speranza che qualcosa possa cambiare.
I seguenti scritti, tratti dai blog di adolescenti e raccolti nel libro della giornalista Lombardo Pijola – “Ho 12 anni , faccio la cubista, mi chiamano principessa” (2007) – illustrano dettagliatamente il fenomeno e le istanze psichiche sottostanti l’agire.
Mi graffio quasi da un anno. Mi chiudo in bagno e lo faccio. Quando la lametta incide la mia pelle e un fiotto di sangue mi scivola sul braccio, è come se tutto il male uscisse da me e la mia anima si svuotasse dal dolore… provo un piacere acuto, un’ubriacatezza… le braccia cicciottelle attraversate da geroglifici rossi, diventano carte geografiche con disegni di mondi lontani… A me le qualità non servono: io non ne ho. O almeno non si vedono. Sono sepolte in questo corpo che non mi appartine. È solo un involucro bugiardo, spergiuro, ingannevole. Io ci sto intrappolata dentro per errore. La mia anima non gli somiglia affatto…la mia anima invece deve essere senz’altro uno e settanta, taglia 36. Vorrei sgusciare come un serpente fuori dal mio corpo e poi distruggerlo, così che non ne resti più neanche il ricordo…
La coca serve quando vogliamo divertirci. Se pippi, il mondo si accende, assume colori rutilanti, tutto si sdoppia, la vita ti fa una selezione, uno sconto: quel che ti fa soffrire sprofonda nel nulla, spariscono i cattivi pensieri, le paure, e tutto il resto, invece, ti appartiene. Tu sei il protagonista e il padrone, e riesci a dominare la tua vita, le forze ti si moltiplicano, riprodotte da una fonte interiore di energia, ti scoppia dentro una bomba di euforia, diventi ubriaco di sicurezza, di eccitazione, di potere, travolto da un’effervescenza di umori, da un benessere pieno: la vita è una Ferrari sulla quale tu corri, corri, corri senza che nulla e nessuno possano fermarti…
Gli attacchi al sé corporeo, intesi come quelle manifestazioni che hanno come caratteristica comune il passaggio all’atto (per esempio i tagli, le scarnificazioni, l’abuso di sostanze, i disturbi alimentari, i tentati suicidi, i ripetuti incidenti e le reiterate interruzioni di gravidanza), sono chiaramente espressione di un blocco del processo evolutivo di soggettivazione, cioè di essere soggetto di se stesso, ma anche il solo modo che l’adolescente ha per esprimere il proprio disagio, per comunicare e per chiedere aiuto, per mobilitare l’ambiente adulto.
È necessario pertanto che il mondo adulto colga e prontamente risponda a tale richiesta di aiuto, mobilitandosi per fornire una risposta portatrice di significato che va oltre la semplice cura fisica e che deve farsi carico anche della sofferenza psichica, individuando risposte terapeutiche articolate.
Questo articolo rappresenta la sintesi dell’intervento all’evento dal titolo “Ci scusiamo per il disagio”, organizzato dalla Consulta Provinciale degli Studenti di Monza e Brianza, con il patrocinio del Comune di Monza, tenutosi il 31 maggio in Piazza San Paolo.
Al dibattito con gli studenti hanno partecipato la dott.ssa Valentina Miot e la dott.ssa Cecilia Ricci Mingani, Centro Clinico di Psicologia, Area Adolescenti e Giovani Adulti