di Manuela Caslini
Psicologia della Salute
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L’effetto benefico delle psicoterapie in situazioni caratterizzate dalla presenza di una patologia organica o dall’alto rischio di svilupparla è oggigiorno un dato consolidato sia dalla letteratura psicologica che da quella medica. Uno dei fattori favorenti il miglioramento globale di una persona sofferente o la cui vita è stata modificata da un evento patologico, attuale o pregresso, passa proprio per la possibilità di favorire il racconto di ciò che ha attanagliato e afflitto il corpo.
Più in generale, potremmo chiederci: perché le persone raccontano storie? Oppure, da cosa nasce la motivazione a raccontare? Risposte plausibili potrebbero risalire all’impatto delle tragedie infantili, ai conflitti dell’adolescenza, oppure a tutte le svolte e agli eventi inaspettati della storia di vita e a come questi vengono percepiti.
La letteratura psicologica conferma che gli esseri umani cercano di capire il mondo che li circonda perché la comprensione di un evento rafforza la capacità di tollerarlo e affrontarlo, specie al suo ripetersi. Se questo è vero, dovremmo essere molto motivati a cercare di capire quegli avvenimenti che portano a conseguenze non volute, piuttosto che interessarci a fatti banali che non ci coinvolgono in maniera diretta. Eppure nel corso di una giornata siamo continuamente portati ad analizzare il mondo che ci circonda e appena riusciamo a darci spiegazioni degli eventi, ci comportiamo in modo sintonico ad essi e, nella maggior parte dei casi, ci togliamo dalla mente la vicenda, ripristinando la nostra quiete. Per esempio possiamo immaginare che qualcuno suoni il clacson mentre si è fermi al semaforo: subito si cerca di capire se si si sta commettendo un’infrazione, se c’è qualcuno di arrabbiato oppure se semplicemente un amico ci sta salutando. Per un evento banale, questo processo di ricerca e significazione avviene automaticamente.
La ricerca di significato, che pur è qualcosa di innato, sembra invece non essere così semplice di fronte ad eventi più importanti della vita come un lutto, una separazione, una delusione o una malattia che improvvisamente cambia l’orizzonte della nostra storia o quello di una persona a cui siamo affezionati. In questi casi, la ricerca di significato spesso si arresta, rischiando di divenire un rimuginio mentale che non fa che aggravare la situazione e peggiorare la qualità della vita. Per di più, eventi così importanti della vita possono comportare cambiamenti o esperienze che rompono la continuità e la quotidianità con disagio e fino alla sofferenza.
Se ci ammaliamo o se rischiamo di ammalarci, i rapporti con le altre persone cambiano, cambiano le relazioni, la possibilità di lavorare,le nostre abitudini primarie dall’alimentazione alla sessualità.Possiamo sforzarci di chiederci cosa è successo e perché, ma nella misura in cui l’evento non si risolve, il pensiero può finire per perdurare e riprodursi sempre uguale sul modello matematico del frattale, in una chiusura labirintica.
Ma cosa vuol dire comprendere?
Psicologi e filosofi, e ancor prima artisti e poeti, hanno notato che un certo evento può avere significati completamente diversi per persone diverse. Valutazioni o analisi semplici, che poggiano su una singola spiegazione causale – una causalità biologica o scientifica,principi religiosi, un segno del destino o della necessità impellente di cambiare vita – possono essere utili per reggere psicologicamente un primo confronto con la malattia, ma probabilmente non serviranno a lungo nel coglierne la complessità, l’impatto e la portata nella storia di vita. Spiegazioni semplici servono poco quando pensiamo di doverci davvero occupare di quello che è cambiato nella nostra mente o nelle nostre abitudini, relazioni, giornate, e così via.
Il buono di una narrazione, di un dialogo, è che ci permette di collegare tra loro sia gli aspetti della nostra storia che gli eventi della nostra vita, tessendo un ampio e comprensivo racconto. Il racconto, la narrazione, la storia permettono di cercare le cause soggettive e vagliare le conseguenze. E come in ogni storia, dal tema principale possono diramarsi trame e intrecci minori che, presi nel loro complesso, possono restituire un senso di coerente unità alle trasformazioni in corso.
Perché la psicoterapia quando c’è un problema di salute?
Instaurare una conversazione, raccontarci una storia, implica uno sforzo verso una coerenza e anche una considerazione per il punto di vista dell’Altro che ci ascolta. Ogni volta che un evento complesso viene inserito in una storia, ne risulta semplificato, perché la mente non ha più bisogno di affannarsi per cercargli una collocazione. In più,con il passare del tempo, tendiamo a riempire i passaggi carenti e i vuoti della nostra storia, per renderla completa e soggettivamente coerente.
La narrazione ha un ruolo chiave nella vita delle persone e ha a che fare con il benessere e con le possibilità di sostenere la salute riducendo lo stress: la psicoterapia è per eccellenza un ambito dove il terapeuta sostiene e facilita l’autore che c’è in ognuno di noi e, spesso, diviene un contesto dove le storie si costruiscono insieme.
Non da ultimo, l’elaborazione di un’esperienza traumatica di malattia passa attraverso la centralità dell’elemento narrativo. Lo psicoanalista ungherese Peter Fonagy, nel suo concetto di ‘Teoria della mente’ considera la capacità di prendere in considerazione punti di vista diversi su uno stesso argomento: la riflessione sui vari punti di vista, impliciti e inconsci, ed espliciti e coscienti,esercita un ruolo di primo piano per un progresso terapeutico. Ciò che conta, non è necessariamente il recupero di un ricordo, ma piuttosto la possibilità conferita dal lavoro psicoterapico di integrare l’area dell’esperienza sfavorevole con tutte le altre aree unite dallo stesso connotato esperienziale, ripristinando la possibilità di un senso comune e rigenerando e aprendo su nuovi orizzonti del racconto e dell’esperienza di sé.
Bibliografia
Pennebaker JW, Seagal JD. Forming a story: the health benefits of narrative. J Clin Psychol. 1999 Oct; 55(10):1243-54.
Roth AD, Fonagy P. What works for whom? A critical review of psychotherapy research. Second Edition. New York: Guilford Press; 2004.