Qualche riflessione sul bisogno di ridere. Sul diritto a stare bene, e sul ridere, come termometro e cura della famiglia
-…e poi dottore, siamo stanchi, in famiglia il clima è proprio pesante, neanche il poco tempo che passiamo insieme a cena è sereno
-Sa signora stavo pensando che gli adolescenti a volte sono molto divertenti e fanno proprio ridere. Ma ha ragione perché altre volte invece lo stare insieme può diventare molto pesante o addirittura un incubo
-Ridere? Mmm… Davvero?! Non so da quanto tempo non lo facciamo più tutti insieme.
-Immagino. Eppure è vero che possono essere molto divertenti
In questo scambio avuto con un genitore durante un colloquio in studio si vede come a volte nel parlare con le persone capita qualcosa di simile a quello che accade andando per boschi o per mare. Sembra non ci sia granché e poi all’improvviso se ci si accorge si può notare ben mimetizzato un gran porcino. O un bel pesce. Lo scorgi e ti cattura l’attenzione.
Parlando della vita delle persone e delle famiglie può accadere di imbattersi in quello che ha permesso di scorgere questo genitore. Ci può essere una fatica quotidiana nello stare insieme che diventa una vera e propria cappa dolorosa e asfissiante. Le difficoltà della vita di uno o più membri della famiglia incupiscono tutto lo stare insieme. Erodono il desiderio di condividere esperienze, pensieri e sentimenti.
Si sta insieme sentendosi tutti terribilmente soli e temendo la vicinanza di quello che dovrebbe essere un bel momento della giornata come la cena. Dal E’ pronto, tutti a tavola! di quando erano piccoli… si cade nell’attuale Che peso andare di là tutti attorno allo stesso tavolo!
Ci si può accorgere di quanto sia distante il ricordo di uno stare insieme leggero e divertente. Un puntino all’orizzonte. O forse neanche più quello.
La malinconia mista all’incredulità di questo genitore danno da pensare. Raccontano della dolorosa mancanza di questo clima. Ma anche della non del tutto spenta voglia di riaverlo.
Al contempo le sue parole mostrano lo stupore nella possibilità di stare bene insieme e di vedere i figli come divertenti e piacevoli.
Pensare al figlio fonte di risate e non solo capace di innescare preoccupazioni, delusioni o rabbia è spiazzante. E ancor più difficile è pensare che possa esserlo con te e in famiglia e non solo con i coetanei. Come dire: Possibile? Dottore mi sta raccontando una balla? Varrà per gli altri ma non a casa nostra!
È normale non crederci più. Facilmente ci si abitua a questi climi. Ci si scivola dentro progressivamente come nelle sabbie mobili e poi non si riesce più a uscirne. Ci si rimane incastrati o ci si trascina giù a vicenda.
La perdita di speranza alimenta anche la paura di desiderare un cambiamento. Non ci credo più e quindi non voglio più illudermi. Ho paura di farlo e di restarci ancora una volta male.
E come se non bastasse possono venire anche dubbi sul diritto a star bene. È legittimo? Si può chiedere o pretendere che il clima sia più leggero? Se lo ritengo legittimo posso anche andar dritto per la mia strada e dire ciò che tutti vorrebbero: Signori miei, qua le cose devono cambiare!
Diversamente si contribuirà a lasciarle andare alla deriva. E, purtroppo, si sarà tutti responsabili degli esiti.
Ecco perché in queste situazioni così paralizzate, è una manna il prezioso mix di stupore, incredulità e malinconico desiderio racchiuso nelle frasi: Davvero sono divertenti? Davvero si può ridere? Da quanto tempo non ci accade più!
È prezioso perché parla del bisogno legittimo e universale di star bene insieme. Di un bisogno naturale come lo è quello di ossigeno e acqua. Serena ariosità e libertà.
Desiderio e incredulità possono stimolare anche un modo diverso di vedere l’altro e di guardarsi. Il genitore o la coppia di genitori possono iniziare a guardare in modo più distaccato e al contempo empatico quel figlio che ora appare anche comico, arguto, gradevole, compente o simpaticamente maldestro. Sia piacevole, sia irritante, sia con delle difficoltà. “Sia” e non “solo”.
Sono cambi di prospettiva più o meno laboriosi che però modificano il modo di comportarsi. Ti vedo diversamente. Mi comporterò diversamente. Ti tratterò diversamente… e più piano mi risponderai diversamente.
Aiutano anche a capirsi, a conoscersi e a comprendersi. Gli atteggiamenti diventeranno più chiari, più logici e più umanamente comprensibili. Il beneficio sarà dei genitori come del ragazzo.
Tutto ciò però non è istantaneo né semplice. Non è facile per la coppia di genitori mettersi in questo assetto e tanto meno lo è se è solo un genitore ad esser ambasciatore di questa malinconia.
L’importante è quindi non scoraggiarsi. Va cioè protetta la voglia di tornare a ridere insieme dove questo divertirsi è da leggere come necessità di prendersi cura di te, di me e di noi famiglia. Cioè una via di accesso per curare le ferite del singolo o della famiglia partendo da un bisogno apparentemente banale ma sotto gli occhi di tutti.Parallelamente e da un altro punto di vista il bisogno di tornare a ridere può innescare la ricerca di un aiuto esterno. Può cioè essere uno dei modi per arrivare a chiedere un aiuto psicologico. Aiuto cercato per ricreare in famiglia un clima migliore a partire da un sintomo ‘inconsueto’: Ci si è ammalata la capacità di ridere.
*Psicologo, Psicoterapeuta
Foto di Tawny van Breda da Pixabay