di Marco De Coppi*, Chiara Labadini**, Sofia Tagliabue***
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La separazione: siamo tutti coinvolti
La separazione di due genitori è un evento di vita che sul piano emotivo coinvolge tutti i membri del nucleo familiare, oltre ad essere un fenomeno ad alto impatto sociale.
Dai più recenti dati pubblicati dall’ISTAT si evidenzia che nel 2015 le separazioni sono state 91.706 (+2,7% rispetto al 2014) e i divorzi 82.469 (+57% sul 2014, dopo l’introduzione del “divorzio breve”), e che i tassi di separazione e di divorzio negli ultimi decenni sono in continua crescita. Infatti, nel 1995 per ogni 1000 matrimoni si contavano 158 separazioni e 80 divorzi, mentre nel 2011 si è arrivati a 311 separazioni e 182 divorzi. In questo lasso di tempo,dunque, le separazioni sono aumentate di oltre il 68% e i divorzi sono praticamente raddoppiati.
Tra le preoccupazioni più ricorrenti di una coppia che affronta l’idea di separarsi, c’è senza dubbio quella che questo cambiamento possa creare delle conseguenze psicologiche negative ai propri figli. Questo timore è spesso così forte da diventare una delle ragioni per cui due partner si ritrovano a non riuscire a separarsi, pur non riuscendo più a vivere insieme con soddisfazione.
Le conseguenze sui figli: possiamo separarci?
Da molti anni la ricerca che si occupa di indagare e comprendere le conseguenze della separazione di una coppia di genitori sui figli, ha dimostrato come la separazione rappresenti per questi ultimi un evento di vita significativo e di grande impatto emotivo, che non determina però necessariamente l’insorgere di disturbi psicopatologici.
Un famoso e storico studio longitudinale, condotto negli Stati Uniti per 20 anni e pubblicato dal Journal of the American Academy of Child Psychiatry, ha mostrato come i figli di genitori separati si adattano in modo funzionale alla separazione in un tempo di circa 18 mesi, così come è stato inoltre osservato che in circa l’80% dei casi di separazione i figli non mostrano conseguenze psicologiche o comportamentali sul lungo termine, né particolari difficoltà a mantenere a loro volta legami affettivi stabili.
La separazione non provoca di per sé, dunque, un danno psicologico a carico dei propri figli, né li mette maggiormente a rischio di problematiche psicologiche future rispetto a figli di genitori non separati. Ciò che invece incide significativamente sullo stato emotivo (e di conseguenza sul comportamento) dei figli, mettendoli a rischio di difficoltà psicologhe e relazionali anche sul lungo termine, è il modo in cui la separazione viene loro comunicata, come viene gestita nel tempo, e la qualità dei rapporti che vengono mantenuti tra i membri della famiglia durante e dopo la separazione stessa.
La domanda “giusta”: come separarsi? L’importanza di gestire il conflitto
La separazione è un evento molto complesso. Su di essa incidono le personalità dei partner, la loro storia, la qualità della loro relazione, e numerosi fattori psicosociali come la qualità dei rapporti con le famiglie di origine, le risorse economiche, il livello socio-culturale. Nonché il temperamento e le personalità dei figli coinvolti.
Questi fattori spiegano perché non esista un unico modo di separarsi, ma come ogni coppia “si separi a modo suo”.
Esiste però un fattore che incide in modo determinante sul benessere psicologico dei figli, ovvero il livello di conflittualità presente nella coppia. Il conflitto in fase di separazione rende il processo inevitabilmente più difficile e doloroso per i membri familiari coinvolti, e l’esperienza clinica ci mostra che i figli esposti a un alto livello di conflittualità genitoriale sono coloro che con più probabilità presentano conseguenze psicologiche più gravi.
Sottolineiamo come spesso le coppie che si separano “male” sono coppie il cui rapporto è già disfunzionale e conflittuale da ben prima della separazione, e come i figli paghino le conseguenze psicologiche di una coppia genitoriale che si separa in modo conflittuale esattamente quanto quelle di una coppia che sta insieme in modo conflittuale.Questo avvalora il fatto che spesso una separazione ben gestita possa essere di gran lunga meno dannosa sui figli rispetto a un rapporto tra due genitori che restino insieme, senza però modificare le loro dinamiche relazionali in senso più positivo e funzionale.
La qualità della relazione tra i genitori (il rispetto e l’ascolto reciproco, la chiarezza delle comunicazioni, la collaborazione) è quindi di gran lunga più importante, per assicurare il benessere psicologico dei propri figli, di quanto lo sia l’essere insieme o essere separati.
Avere due genitori in conflitto, che litigano violentemente in modo aperto o che creano un clima famigliare di lunghi e tesi silenzi, è fonte di grande stress per i figli. Significa infatti essere esposti continuamente a un ambiente non rassicurante, doloroso e spesso“distratto”. Questo porta spesso i figli delle coppie conflittuali a mettere in atto una serie di comportamenti disfunzionali nel disperato tentativo di richiamare l’attenzione sudi sé in cerca di rassicurazione. A questo si accompagna il rischio che dei bambini, a lungo esposti a modelli comportamentali estremamente conflittuali, li apprendano e ripropongano poi nelle loro relazioni future. Altre volte, i figli si trovano nella drammatica posizione di dover “scegliere” con chi schierarsi davanti alla palese guerra tra i loro genitori. Per molti bambini,inoltre, i conflitti tra i genitori vengono interpretati come qualcosa che accade per loro colpa, arrivando a sentirsi causa delle liti dei genitori nonché della loro eventuale separazione.
Questo rende fondamentale che non solo la separazione avvenga con rispetto reciproco e collaborazione, ma anche con chiarezza. E’ fondamentale infatti che ai figli venga data una spiegazione chiara e adeguata all’età di ciò che sta succedendo, che vengano aiutati a comprendere che non sono i responsabili della separazione, che non è loro compito tenere insieme i genitori, né parteggiare per uno di essi. E soprattutto che c’è un innegabile cambiamento da gestire insieme, ma che non resteranno da soli e che non perderanno né l’affetto né la vicinanza dei loro genitori che continueranno ad essere presenti per loro e ad amarli.
Davanti a conflitti di coppia elevati, duraturi e cronicizzati, separarsi “bene” diventa quindi un fattore protettivo per i figli, contrariamente al separarsi “male” o al continuare a vivere nel conflitto.
Quando cercare aiuto
E’ importante tenere a mente che la separazione resta un momento di sofferenza per i figli, che porta spesso spaesamento, paura e incertezza. Possiamo però dire che quando affrontata con sensibilità e consapevolezza, essa non costituisce necessariamente un evento dannoso. Innanzitutto, se ben gestita rappresenta lo strumento per porre fine alla conflittualità coniugale manifesta che, come detto, è la principale fonte di malessere per i figli. In secondo luogo, è l’occasione per imparare a gestire i conflitti e a trasformare le relazioni in modo costruttivo.
In una situazione così delicata e complessa come quella di una separazione, un’assistenza psicologico competente può dunque essere un importante strumento che accompagna e sostiene la famiglia. Da un lato essa aiuta i genitori a elaborare il dolore e la rabbia legati alla separazione, a capire come comunicare la decisione della separazione ai figli, ad affrontare la fine del rapporto coniugale mantenendo al contempo le competenze genitoriali. Dall’altro è utile ai figli, perché trovino uno spazio “neutrale” dove depositare le loro emozioni o le loro preoccupazioni e che li aiuti ad accettare e comprendere questo cambiamento e come ne saranno coinvolti.
Per avere maggiori informazioni o richiedere un consulto psicologico contatta il Centro Clinico di Psicologia di Monza:
039.9416276 – info@centropsicologiamonza.it
*Dottor Marco De Coppi,Referente del servizio di Consulenza Psicologica per la Coppia.
**Dott.ssa Chiara Labadini, psicologa e psicoterapeuta del servizio di Consulenza Psicologica per la Coppia.
***Sofia Tagliabue, studentessa del Dipartimento di Psicologia Università degli Studi Milano Bicocca.