Analisi della letteratura e di progetti di supporto
di Sofia Tagliabue*
I siblings, intesi in psicologia come i fratelli sani di persone disabili o con malattie croniche o invalidanti, vengono spesso lasciati in secondo piano nell’analisi del vissuto emotivo e psicologico familiare generato dalla presenza di una persona malata in famiglia.
Vissuto psicologico dei siblings
Tuttavia, non deve essere approfondito solo l’impatto emotivo che i genitori subiscono nell’avere un figlio disabile, ma è importante sapere che anche la relazione fraterna risente profondamente della presenza della disabilità. Cosa significa per un fratello convivere con la malattia e rispecchiarsi in una persona così “diversa”? Quali conseguenze possono derivarne, sia a livello personale, sociale, psicologico, che a livello di relazione? Tipicamente la sensazione provata dal sibling è di “invisibilità”, come se i suoi problemi non fossero presi in considerazione, in quanto meno importanti delle problematiche legate alla malattia del fratello. Il sibling si sente dunque messo in secondo piano e non si sente libero di poter esprimere i propri sentimenti negativi (legittimi) a riguardo, come rabbia, vergogna, gelosia, invidia e imbarazzo. I siblings sperimentano inoltre ambivalenza rispetto al coinvolgimento nelle cure e confusione di ruolo all’interno della famiglia. Spesso il sibling si rende poco bisognoso di cure ed è anzi lui a doversi prendere cura non solo del fratello, ma anche dei genitori, esausti a causa delle molte energie, fisiche e mentali, che devono spendere per il figlio disabile. Il sibling può provare anche insicurezza e preoccupazione, sia per il proprio futuro che per quello del fratello, tristezza e sensazione di perdita; perdita di una relazione fraterna “normale”, perdita della propria routine ed esistenza ordinaria, sconvolta dai frequenti “imprevisti” causati dalla malattia e perdita delle proprie aspirazioni future. Che diritto ho io di progettarmi un futuro quando mio fratello non lo avrà? Cosa succederà quando non ci saranno più i nostri genitori a pensare a lui? È mio dovere prendermi cura di lui per tutta la vita? Una delle emozioni più frequenti è inoltre la paura, per l’esito della malattia, per i comportamenti aggressivi o bizzarri che potrebbe avere il fratello ma anche paura della contaminazione o di dare alla luce dei figli malati e di non riuscire a sopportare l’ulteriore carico di cure. Sono comunemente provati anche stress, senso di colpa, perché la malattia è capitata al proprio fratello e non a sé stessi, e stigma, che favorisce l’isolamento sociale.
Conseguenze personali e relazionali per il sibling
Tutti questi fattori possono generare nei siblings problematiche dette di “internalizzazione”, come ansia, depressione, ridotta autostima, problemi di adattamento e difficoltà scolastiche, o problematiche di “esternalizzazione”, come un atteggiamento aggressivo e oppositivo, difficoltà relazionali o deficit educativo. È inoltre comune tra i siblings lo sviluppo di disturbo post traumatico da stress. I siblings si sentono in dovere di essere i figli perfetti, di non creare preoccupazioni, per neutralizzare l’esperienza di stress causata ai genitori dal fratello. Il sibling potrebbe anche trovarsi in difficoltà nel rispecchiarsi in qualcosa di malato, con conseguenze sullo sviluppo della propria identità. Ciò che lamentano i siblings è inoltre di percepire una condizione di segretezza all’interno della famiglia, mancanza di spiegazioni e informazioni, e ciò non fa altro che aumentare l’incertezza e l’isolamento.
Gli aspetti positivi
La disabilità del proprio fratello però non genera esclusivamente vissuti negativi, ma permette ai siblings anche di sviluppare nuove potenzialità e risorse, come empatia, sensibilità, tolleranza, compassione, lealtà, pazienza e affidabilità. Molti siblings riescono inoltre a far fronte alle problematiche generate dalla malattia del fratello sfruttando le proprie competenze e strategie di resilienza, che li rendono capaci di reagire alla situazione di oggettiva difficoltà, riuscendo a riorganizzare positivamente la propria vita e auto-riparandosi.
Progetti di supporto per i siblings
Per aiutare i siblings nel proprio processo di resilienza sono state ideate delle attività di sostegno specificatamente a loro dedicate, prime fra tutte i Sibshops di Don Meyer negli Stati Uniti e i Sibworks di Kate Strohm in Australia, ormai diffusi anche in Europa. Anche in Italia sono sempre di più i progetti dedicati ai siblings, sia nelle grandi città che nelle realtà più piccole. Due esempi significativi di progetti di questo genere, sviluppati in nord Italia, sono il progetto siblings presso la Cooperativa Il Granello di Cislago, in provincia di Varese e i gruppi per siblings presso il Centro di Salute Mentale e la Comunità Terapeutico Riabilitativa di Mirano, in provincia di Venezia.
Il primo è rivolto ai fratelli di disabili, sia fisici (tetraparesi spastiche, disartria, audio-lesioni) sia cognitivi (autismo, sindrome di Down, ritardo cognitivo). Il progetto prevede un ciclo di 5-6 incontri, a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro. Ad ogni incontro viene proposto un tema da discutere ed analizzare, tramite differenti attività (visione di film, lavoro di gruppo, ecc..), legato prima di tutto all’essere fratello di qualcuno all’interno di una famiglia, e poi all’essere fratello di un disabile. A Mirano, invece, presso il CSM e la CTR, sono stati organizzati gruppi per siblings di pazienti con diagnosi di psicosi, disturbo di personalità e disturbo dell’umore. Le attività svolte nelle due strutture sono differenti. Al CSM vengono organizzati cicli di 3 incontri di psico educazione ad ingresso libero, in cui ai siblings vengono proposte slides di spiegazione delle varie patologie e delle cure farmacologiche e viene offerto uno spazio di riflessione e confronto sul tipo di emozione che essi provano e sulla relazione che si crea con il congiunto affetto da patologia. Per quanto riguarda i gruppi nella CTR, si tratta invece di un progetto dedicato ai fratelli dei pazienti della comunità, creato per avvicinarli ad essa, in quanto di solito sono molto resistenti nel frequentarla.
*Studentessa di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca