di Edy Salvan*
È convinzione di molti, forse, che terapia familiare voglia dire semplicemente una terapia in cui tutti i membri della famiglia vengono riuniti per parlare dei problemi famigliari; tale convinzione, però, è riduttiva e troppo semplice rispetto alla realtà delle cose e se pensiamo che tale tipo di terapia si basa su presupposti particolari.
Un po’ di teoria
“Terapia della famiglia è l’insieme di tutti i modelli di intervento che in qualche modo si pongono come obiettivo (sia pure seguendo teorie, prassi e tecniche diverse) la cura (nel duplice senso di “curare” e di “prendersi cura”) di famiglie piuttosto che di individui, lavorando sulle loro interazioni emotive e cognitive.”
(Paolo Bertrando, Dario Toffanetti, “Storia della terapia familiare”, Milano, 2000, Raffaello Cortina Editore).
Questo orientamento teorico non preclude comunque la terapia individuale, con la peculiarità che la lettura è sempre “famigliare” o, meglio, “sistemica”.
Ma andiamo con ordine…
La terapia familiare poggia le sue basi su alcuni impianti teorici, in primis sulla Teoria dei Sistemi.
La Teoria Generale dei Sistemi fu formulata da Ludwig von Bertalanffy e poi estesa a diversi ambiti: cibernetica, psicologia, sociologia, meccanica, ecc…
Per “sistema” si intende un’unità intera e unica, fatta da parti in relazione tra loro e tendenti all’equilibrio, tale che l’intero risulti diverso dalla semplice somma delle parti. Cambiamenti di una di queste parti influenzano la globalità del sistema. Ogni parte di un sistema è in relazione con le altre parti, e la sua esistenza è per la specifica funzione che svolge.
Gli attributi fondamentali di un sistema sono:
- comunicazione ed elaborazione dell’informazione,
- adattamento al cambiamento delle circostanze (auto-regolazione),
- auto-organizzazione,
- automantenimento.
Norbert Wiener definisce “cibernetica” (dal greco kyilbernetes, “timoniere, pilota”) il processo di retroazione autocorrettiva che permette al sistema di auto-regolarsi, adattarsi e modificarsi. Gregory Bateson, ha applicato la teoria dei sistemi alla famiglia e alle strutture sociali. Egli cita la retroazione negativa (l’informazione riporta il sistema al suo stato iniziale) e positiva (l’informazione aumenta la deviazione del sistema dal suo stato iniziale). Bateson, assieme a Paul Watzlawick e altri esponenti della scuola di Palo Alto, ha applicato la teoria sistemica alle scienze sociali, approfondendo in particolar modo la comunicazione.
Dalla teoria alla terapia….
In questo tipo di orientamento terapeutico, in sintesi, il sintomo dell’individuo è concepito come parte di un contesto relazionale: ogni disagio è un problema dell’intero sistema.
Il fine della terapia sistemico-relazionale è quella di comprendere la funzione relazionale del sintomo e di trovare nuovi modi e strategie per rapportarsi con il proprio sistema di appartenenza.
Il lavoro sarà incentrato sui vissuti personali, sulla comprensione relazionale del sintomo, sulla comunicazione, sulla trasformazione delle dinamiche disfunzionali, e sull’utilizzo di nuove strategie. Anche una singola persona, di un qualsiasi sistema di riferimento, attraverso la terapia sistemico-relazionale per la risoluzione di una problematica presente nel suo sistema di appartenenza, può, grazie al lavoro terapeutico, trasformare le sue relazioni in meglio e sciogliere i nodi problematici, acquisendo di nuove strategie.
Il modello sistemico familiare si basa anche sul ciclo di vita della famiglia:
- separazione dalla famiglia d’origine e costruzione della coppia;
- nascita dei figli;
- la crescita dei figli fino allo svincolo;
- nido vuoto e re-investimento nella vita di coppia;
- invecchiamento e morte del coniuge.
Ogni fase ha precisi compiti evolutivi; nei periodi di transizione si verificano profonde trasformazioni psicologiche e strutturali. Il sistema famiglia può, se sano, essere in grado di permettere al paziente di gestire e risolvere il suo malessere, rendendo la sua vita più funzionale.
In particolare, con i bambini o gli adolescenti (per i quali la terapia familiare risulta un approccio particolarmente valido), si possono verificare blocchi evolutivi che possono ridursi sino a scomparire completamente lavorando con le famiglie.
Questa terapia ha avuto inoltre diffusione nel trattamento delle dipendenze, nei disturbi alimentari, nella patologia psichiatrica, nel lavoro con gli adulti, in tutte le problematiche inerenti alla sfera della famiglia, individuale e di coppia. Inoltre, in quei casi di separazione o divorzio familiare, in cui la conflittualità è talmente esasperata che uno dei figli inizia a mostrare i primi segni di un disagio psicologico, è indicata la terapia sistemico familiare.
Il lavoro del terapeuta sarà, in questo caso, quello di ristabilire una nuova modalità comunicativa tra i genitori per aiutarli a svolgere il loro ruolo educativo, anche se non sono più una coppia, togliendo i figli dal gioco relazionale distruttivo. In questo modo, il figlio potrà liberarsi dal sintomo che ha come unica funzione quella di comunicare la sofferenza familiare di cui tutti sono vittime, reinserendolo in una famiglia che si fa carico di portare avanti il compito educativo rivolto alla sua crescita emotiva e psicologica.
La psicoterapia sistemico-relazionale ha l’obiettivo, in sintesi, di riparare quelle relazioni che l’individuo avverte come un problema, tramite il cambiamento delle dinamiche disfunzionali presenti nel proprio contesto di riferimento; la sua funzione è quella di apportare un rinnovato benessere soggettivo e sociale.Nella terapia sistemico relazionale il focus sul singolo è secondario: centrale è l’analisi del sistema. In una catena di comunicazione o di comportamenti è difficile stabilire cosa avviene prima e cosa dopo. Il tradizionale concetto di causalità di tipo lineare viene sostituito dal principio di causalità circolare: il comportamento del membro A influenza il comportamento di B e il comportamento di tutti gli altri membri, ma a sua volta il comportamento di B influenza quello di A e di tutti gli altri membri. In questa sequenza circolare, è difficile trovare un punto di origine (ad esempio, nelle liti è impossibile a volte decidere chi sia stato a cominciare). Infatti, il disagio del singolo è espressione di un disagio dell’intero sistema familiare: il soggetto portatore del disturbo è il “paziente designato”, il membro del sistema-famiglia che esprime il cattivo funzionamento del sistema. Il lavoro terapeutico in realtà può essere svolto anche alla presenza di un unico paziente e, data la possibilità di operare utilizzando varie forme di psicoterapia (individuale, di coppia e familiare), il terapeuta valuta di volta in volta la scelta più idonea per ogni paziente. L’individuo è pur sempre un sistema, dotato di caratteristiche strutturali ed organizzative leggibili ancora con un paradigma sistemico. Attraverso anche l’utilizzo di compiti da attuare sia nelle sedute terapeutiche che a casa, la terapia si articola intorno alle problematiche dei ruoli, della gerarchia, delle alleanze, e della qualità della comunicazione all’interno del sistema.
Se vuoi avere informazioni su questo tipo di psicoterapia da parte di uno specialista, puoi contattare il Centro Clinico di Psicologia di Monza telefonando al numero 328.8435337 (segreteria), oppure contattando la Referente dell’Area Età Evolutiva, *Dott.ssa Edy Salvan, tel 339.2228116.
E’ possibile scrivere una mail a info@centropsicologiamonza.it, o consultare la pagina contatti.